In ambito organizzativo, la polivalenza di competenze si riferisce alla capacità di una persona di svolgere efficacemente compiti diversi, anche appartenenti ad ambiti o ruoli differenti, grazie a un insieme ampio e flessibile di competenze.
L’importanza della gestione della polivalenza lavorativa in azienda
Sono diversi i fattori che rendono la polivalenza un elemento di crescente rilevanza nel contesto organizzativo attuale. In primis, la rapidità del progresso tecnologico, che può determinare una decrescita nel valore delle competenze, come anche mutamenti significativi nei contenuti di ruoli e mansioni.
Un tema ulteriore che rende lo sviluppo della polivalenza centrale in ambito organizzativo riguarda la necessità di fare affidamento su risorse interne per adattarsi ai rapidi mutamenti del mercato.
Naturalmente, anche l’incremento dei fenomeni di turnover nel post-Covid, trasversale rispetto ai settori e particolarmente rilevante tra le giovani generazioni, mette in luce la necessità di coprire efficacemente le posizioni vacanti, offrendo un’importante leva strategica alle organizzazioni che hanno sviluppato professionisti polivalenti.
Infine, un ultimo fenomeno da tenere in considerazione è rappresentato dalla trasformazione dei modelli organizzativi in logica agile, che fa emergere la necessità di superare la logica dei silos interdipartimentali, per consentire a tutti i dipendenti di acquisire una visione più ampio del contesto in cui si inserisce la propria attività, comprendendo le fasi precedenti e successive del processo produttivo o di erogazione del servizio, rispetto al contributo individuale.
In questo scenario, la polivalenza sul lavoro non sembra più un fattore opzionale, ma un elemento chiave per la competitività e la resilienza delle organizzazioni.
I vantaggi e i benefici di una gestione efficace della polivalenza
D’altro canto, i benefici di natura organizzativa collegati ad un suo incremento diffuso e consapevole appaiono estremamente rilevanti:
Resilienza organizzativa e continuità operativa
In un momento storico in cui la permanenza media dei lavoratori in azienda tende ad abbassarsi, e in cui il pensionamento di collaboratori esperti fa emergere il delicato problema del trasferimento del know-how alle giovani generazioni, lo sviluppo di una forza lavoro realmente polivalente può contribuire a scongiurare il pericolo della perdita di conoscenze e competenze chiave per l’organizzazione.
Può infatti rafforzare la capacità dell’organizzazione di superare eventuali interruzioni o ostacoli alla produzione, come assenteismo o cambiamenti imprevisti nell’ambiente aziendale, assicurando la continuità operativa e permettendo all’azienda di rispondere con meno rigidità ai cambiamenti.
Collaborazione trasversale tra reparti diversi
Una forza lavoro polivalente riesce a comprendere meglio le logiche, il linguaggio e le esigenze di altri reparti o dipartimenti, contribuendo a ridurre sensibilmente incomprensioni e attriti nei progetti interfunzionali. I
noltre, i profili polivalenti riescono a collegare persone e conoscenze che altrimenti resterebbero separate, favorendo la circolazione delle informazioni e delle idee in seno all’organizzazione. Questi professionisti diventano facilitatori naturali della collaborazione orizzontale.
Maggiore efficienza nell’allocazione delle risorse (umane e non)
Lo sviluppo di professionisti polivalenti consente all’organizzazione di costruire posizioni e ruoli “ibridi”. In tal modo, dipendenti con competenze polivalenti possono coprire diverse mansioni, riducendo la necessità di un elevato numero di specialisti o il ricorso all’outsourcing, ottimizzando l’impiego della forza lavoro.
Questa versatilità può portare a un aumento della produttività e a una migliore qualità dei risultati ottenuti. La polivalenza è anche una precondizione per la rotazione e la gestione flessibile del tempo all’interno dei team di lavoro.
Come sviluppare un processo di gestione della polivalenza in 3 fasi
Anche in virtù di questi potenziali benefici, appare dunque essenziale indagare quali siano i principali fattori organizzativi abilitanti per lo sviluppo e la gestione della polivalenza dei ruoli, in base a quanto emerge dalla letteratura organizzativa.
1.Adottare una visione skills-based: Skills mapping e non solo
Come è evidente, la mappatura delle competenze individuali rappresenta la precondizione essenziale per la gestione e lo sviluppo della polivalenza organizzativa.
Essa consente infatti alle organizzazioni di verificare innanzitutto l’eventuale distanza tra le competenze personali e quelle richieste dal ruolo. Tuttavia, la possibilità di estendere la mappatura anche alle competenze non richieste dal ruolo può consentire di evidenziare eventuali skills non sfruttate nell’ambito del proprio job, che possono rappresentare una potenziale base per la costruzione di un profilo polivalente.
Naturalmente, operare una corretta mappatura delle competenze presuppone la realizzazione di un modello delle competenze, che identifichi le skills, tecnico-professionali e trasversali, associate ai diversi ruoli organizzativi.
Tuttavia, gli accorgimenti da adottare per un’efficace costruzione di tale modello, come anche per il processo di mappatura che verifichi il livello di padronanza di tali competenze, sono assai numerosi.
In particolare, secondo l’analista HR e speaker americano Josh Bersin, le difficoltà connesse alla realizzazione di un modello delle competenze completo a livello organizzativo ricadono essenzialmente in tre categorie principali:
- La difficoltà di strutturare l’architettura del modello, ovvero individuare un set di macrocategorie di competenze esauriente e funzionale alla mappatura, che deve dimostrarsi future-proof rispetto alle skills emergenti relative al mondo AI e nuove tecnologie.
- La problematicità nella definizione e denominazione delle singole skills: all’interno di tale tassonomia, che corrisponde ad un enorme insieme di dati (decine di migliaia di competenze organizzate gerarchicamente) ogni formula o item è potenzialmente soggetto a dibattito. Si opterà per “collaborazione” o “lavoro di squadra”? “Java” o “programmazione java” o “linguaggio java”?
- Le difficoltà di customizzare questi enormi dataset in base al settore di attività aziendale: le aziende energetiche hanno competenze di raffinazione, produzione e distribuzione. Le aziende di prodotti di consumo hanno competenze di brand marketing, marketing del prodotto, e così via.
Una volta definito il modello delle competenze, la necessità di verificare il livello di padronanza di tali skills, tramite il processo di mappatura, pone ulteriori problematiche, relative alla scelta delle modalità di misurazione e raccolta dati, dei criteri di valutazione da impiegare, come anche dei soggetti valutatori e della frequenza con cui operare tali valutazioni.
Proprio partendo da queste difficoltà, insite sia nella definizione di un modello di competenze come nel processo di mappatura, in HRI stiamo attualmente sviluppando un tool per la gestione delle competenze, per accompagnare le organizzazioni nella transizione verso una visione pienamente skills-based della gestione del talento e dei percorsi di crescita professionale.
Rispetto al processo di mappatura delle competenze, secondo un recente studio di Mercer la scelta più efficace appare quella di combinare diversi metodi di misurazione e raccolta dati, per tracciare un quadro più completo delle competenze dell’individuo.
Il gigante della consulenza americano sottolinea infatti come allo stato attuale la maggior parte delle aziende misuri le competenze in base al ruolo ricoperto (71%), utilizzando software e soluzioni AI-driven per assegnare competenze e livelli di padronanza basandosi sulle esperienze professionali dei collaboratori e le informazioni riportate sui CVs.
Tuttavia, le medesime aziende si affidano in eguale misura anche ad altre modalità di misurazione, come la valutazione da parte di manager e peers (68%), e il self-assessment dei dipendenti (49%), per ottenere una mappatura più completa e attendibile delle competenze individuali.
Nell’ambito di progettualità dedicate allo sviluppo e alla gestione della polivalenza organizzativa, è utile rappresentare il risultato del processo di mappatura delle competenze avvalendosi dello strumento della skills matrix o matrice di polivalenza.
Nelle sue molteplici versioni e declinazioni, si tratta di uno strumento che consente di formalizzare il livello di competenza di ciascun dipendente rispetto ai requisiti di ogni posizione o ruolo organizzativo, secondo una scala di livelli di maturità.
Essa consente al team leader di avere una visione del quadro complessivo delle competenze detenute dai propri collaboratori, insieme ai relativi livelli di padronanza. Come detto, confrontando questi dati con il modello di competenze organizzativo, è possibile individuare i profili che dispongono di competenze trasversali a più ruoli.
In base a un meccanismo di calcolo che si andrà a definire, si può dunque quantificare l’indice di polivalenza di ciascun individuo o unità organizzativa, o pianificare iniziative formative utili a incrementare tale indice.
Naturalmente, se la costruzione di un modello di competenze e lo svolgimento di un processo di mappatura delle skills rappresentano i primi passi necessari verso la costruzione di una visione skills-based, funzionale ad una gestione efficace della polivalenza organizzativa, il potenziamento di quest’ultima richiede la trasformazione in ottica skills-based di altri processi chiave, come il performance management e le politiche di crescita e sviluppo.
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Incentivare la mobilità orizzontale e il cross-training
Infatti, per coltivare e sviluppare attivamente la polivalenza in ambito organizzativo, una delle strategie più menzionate in letteratura è rappresentata dalla progettazione di programmi mirati di cross-training.
Qualora supportati e seguiti da efficaci iniziative di mobilità orizzontale, infatti, i programmi di cross-training consentono ai dipendenti di ampliare le proprie competenze all’interno e tra i diversi dipartimenti, preparandoli a interpretare efficacemente più di un ruolo organizzativo.
Naturalmente, le opzioni da considerare per la realizzazione di un programma di cross-training sono diverse. Innanzitutto, l’implementazione di tali programmi può avvenire su base intra-dipartimentale o interdipartimentale.
Nel primo caso, verranno realizzati solo all’interno di una determinata area organizzativa, mentre nel ricorso al cross-training interdipartimentale i dipendenti verranno formati per lavorare in reparti più distanti dai propri dal punto di vista dei contenuti del lavoro e delle mansioni.
In linea generale, la formazione interdipartimentale sarà più complessa da progettare e implementare.
Inoltre, un’ulteriore scelta da compiere riguarda l’ampiezza degli obiettivi formativi del programma: un programma di cross-training potrà limitarsi ad alcune aree chiave di sviluppo professionale. In alternativa, si potrebbe optare per una formazione che consideri ogni aspetto di un altro ruolo organizzativo.
In base a quanto riportato nell’ambito della letteratura organizzativa, rispetto a una loro strutturazione efficace, emergono alcuni aspetti rilevanti da tenere in considerazione.
Quando si parla di metodologie di cross-training, spesso si immagina una situazione di affiancamento (job shadowing), oppure una rotation di un dipendente in un altro team o dipartimento per un apprendimento on the job. Si tratta indubbiamente di due metodi di cross-training che possono risultare efficaci, soprattutto per ruoli che non richiedono conoscenze o competenze altamente specialistiche.
Tuttavia, alcuni lavoratori potrebbero aver bisogno di una formazione maggiormente strutturata prima di assumere un nuovo ruolo. In questi casi, sembra opportuno adottare una delle seguenti opzioni formative:
Training formalizzato / formazione d’aula
Questo approccio risulta efficace quando competenze e abilità specifiche sono fondamentali per il successo nel ruolo, e i lavoratori devono superare un assessment o test strutturato prima di poter svolgere agevolmente il nuovo ruolo in un contesto produttivo
Self-directed training
Con questa modalità, i partecipanti completano la formazione e gli eventuali test o assessments al proprio ritmo. Questo metodo prevede l’utilizzo di corsi online e altre opzioni di e-learning.
Formazione ibrida
La formazione ibrida combina una o più delle metodologie precedenti. Ad esempio, i lavoratori possono seguire un breve corso online per ottenere una certificazione, per poi passare alla formazione on the job. L’utilizzo di una combinazione di metodi di formazione, che includa workshop e simulazioni, può massimizzare l’efficacia dei programmi e soddisfare diversi stili di apprendimento.
Definire struttura e obiettivi del programma
Indipendentemente dalla metodologia formativa per cui si decide di optare e dal grado di formalizzazione della formazione, è essenziale definire preventivamente gli obiettivi formativi minimi dei programmi di cross-training, per evitare che i dipendenti possano apprendere solo una parte delle competenze necessarie per essere davvero performanti nel nuovo ruolo. Nello strutturare obiettivi e finalità dei programmi, si può dunque partire da domande-guida di questa tipologia:
- Quali competenze devono essere padroneggiate da ciascun partecipante al programma?
- Come verranno valutate conoscenze e capacità di ogni partecipante?
- Quali attività lavorative chiave devono essere sperimentate durante la formazione?
Prevedere programmi di mobilità interna di supporto
Se il programma di cross-training risulta efficace, i dipendenti acquisiranno conoscenze e competenze preziose, che tuttavia andranno perse se non vengono utilizzate con regolarità. Ogni programma di cross-training dovrebbe quindi accompagnarsi ad una rotazione periodica dei lavoratori in altri ruoli. In questo modo, potranno effettivamente mettere in pratica quanto appreso e integrarsi con facilità in diverse funzioni organizzative.
Includere formazione continua per i partecipanti
Oltre alla rotazione nei ruoli alternativi, i programmi di cross-training dovrebbero offrire anche corsi di aggiornamento periodici ai partecipanti. In quest’ottica, la formazione continua assicura che i partecipanti al cross-training siano effettivamente pronti a interpretare i ruoli cui sono stati esposti durante il programma, anche in caso di mutamenti o ridefinizione delle competenze richieste dal ruolo, soprattutto in forza del progresso tecnologico.
Ad esempio, se un reparto inizia a utilizzare un nuovo tool, software o strumento produttivo, la formazione relativa dovrebbe essere disponibile sia per i membri del team sia per chi è stato precedentemente formato in ottica di cross-training.
Allineare i programmi agli obiettivi di carriera
Integrare i programmi di cross-training con i percorsi di carriera individuali dei dipendenti, in modo che lo sviluppo della polivalenza sia visto come un’opportunità di crescita professionale a lungo termine.
Con il tempo, l’implementazione efficace di programmi di cross-training può portare alla costruzione di un vero e proprio talent marketplace interno, agevolando la contaminazione tra reparti e le carriere orizzontali, abilitando gli individui a partecipare a progetti anche al di fuori della propria area di competenza, soprattutto se tale sistema viene alimentato e supportato da piattaforme AI-based, per garantire un matching intelligente tra progetti disponibili e skills presenti in azienda.
3.Strutturare le organizzazioni per la polivalenza
Secondo il Mercer Global Talent Trends 2024, solo il 27% dei dirigenti intervistati dalla società americana ritiene che i modelli organizzativi della propria azienda siano abbastanza agili da permettere di mobilitare facilmente i talenti da un’area all’altra dell’azienda.
Questo evidenzia una potenziale criticità nella gestione dinamica delle competenze e nella creazione di opportunità di contaminazione, che può limitare la possibilità di sviluppo e incremento della polivalenza di competenze. In quest’ottica, l’adozione di modelli organizzativi più agili rappresenta una condizione imprescindibile per favorire tale contaminazione e creare le condizioni necessarie allo sviluppo della polivalenza in ambito organizzativo.
Come abbiamo osservato in un precedente articolo, infatti, una delle cifre caratteristiche dei modelli organizzativi agili è rappresentata dalla loro capacità di superare i tradizionali silos dipartimentali, soprattutto in virtù di reti di team decentralizzati che operano con elevati standard di autonomia, accountability, expertise, e collaborazione reciproca.
Le organizzazioni agili, infatti, contrastano la tendenza alla compartimentazione riducendo i livelli gerarchici e focalizzandosi maggiormente sulle connessioni tra i team. È il caso del modello della fractal organization, e del modello della ”teams network” descritto da McKinsey.
In questo senso, l’adozione di un modello organizzativo agile può favorire ampiamente la collaborazione tra aree organizzative diverse e la condivisione di informazioni e responsabilità, incoraggiando i membri del team ad acquisire nuove competenze e ponendo le condizioni ideali per lo sviluppo di quei profili di “competenze a T” (T-shaped skills), che rappresentano il punto di partenza fondamentale per lo sviluppo e la fioritura di una reale polivalenza organizzativa.
In questo quadro, la tecnologia gioca un ruolo fondamentale nell’abilitare e tenere traccia di tale contaminazione di competenze a livello organizzativo: l’utilizzo di strumenti tecnologici a supporto della gestione dei progetti cross-funzionali e dell’allocazione delle risorse, soprattutto se potenziato dall’apporto di soluzioni AI-based, consente di identificare e tracciare le abilità e le competenze sviluppate dai dipendenti, per monitorare l’evoluzione dell’indice di polivalenza organizzativa.
Conclusioni: Polivalenza e cultura organizzativa
La polivalenza si configura come una leva strategica fondamentale per le organizzazioni che desiderano prosperare in un contesto competitivo in continua evoluzione. Come abbiamo già avuto modo di osservare, i benefici di una forza lavoro versatile sono molteplici: maggiore adattabilità ai cambiamenti, maggiore resilienza di fronte alle incertezze del mercato, ma anche un impulso potenziato all’innovazione organizzativa e un utilizzo ottimizzato delle risorse interne.
Per gestire e promuovere efficacemente la polivalenza dei ruoli e delle competenze, è necessario adottare un approccio strategico che comprenda la mappatura e valutazione delle competenze, la progettazione di programmi mirati di formazione (cross-training) e di job rotation, oltra alla promozione di una cultura dell’apprendimento continuo e l’adozione di strutture organizzative flessibili. Infine, occorre considerare l’utilizzo della tecnologia come strumento abilitante e in grado di misurare l’impatto delle iniziative intraprese.
Investire nella polivalenza sul lavoro significa anche promuovere un nuovo paradigma culturale all’interno delle organizzazioni, fondato su apertura, sperimentazione e crescita continua. In definitiva, si tratta di valorizzare le persone come portatrici di un potenziale evolutivo, capaci di contribuire in modo trasversale agli obiettivi aziendali, sfruttando l’intera ampiezza del loro patrimonio di competenze.
Per fare ciò, occorre sviluppare una cultura organizzativa che favorisca ambienti di lavoro più dinamici, inclusivi e stimolanti, dove l’apprendimento diventa parte integrante dell’identità professionale di ognuno.
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