BLOG

Zoomers e Big Quit

DE&I

Indice dei contenuti

Great Resignation o Big Quit

Qualè la relazione tra Zoomers e Big Quit? Proviamo a capire se e quali relazioni esistono tra gli under 30 e il fenomeno di dimissioni volontarie in USA e il ruolo delle HR in tutto questo.

Il termine «Great Resignation» (poi chiamato anche Big Quit) è stato usato per la prima volta dal professor Anthony Klotz, della Mays Business School del Texas in relazione all’aumento record di dimissioni volontarie negli USA durante il 2021. Una recente ricerca di Microsoft, il 2021 Work Trend Index, ha mostrato che il 41% della forza lavoro in USA sta pensando di lasciare il proprio datore di lavoro quest’anno! Il Big Quit si sta propagando in Europa, soprattutto Paesi Bassi, UK e Germania.

Big Quit due tendenze chiave

Secondo la ricerca «Who is Driving the Great Resignation» dell’Harward Business Review del settembre 2021,  ricerca su 9 milioni di dimissioni da 400 aziende dei settori più disparati, si possono identificare due tendenze chiave:

  • I tassi di dimissioni sono più alti tra i dipendenti a metà carriera. I dipendenti tra i 30 e i 45 anni hanno avuto il maggior aumento dei tassi di dimissioni, con un aumento medio di oltre il 20% tra il 2020 e il 2021, mentre il turnover è tipicamente più alto tra i dipendenti più giovani.
  • Le dimissioni si concentrano nei settori tecnologico e sanitario. In generale, le dimissioni riguardano persone che hanno sperimentato aumenti estremi dell’impegno professionale a causa della pandemia, portando probabilmente a maggiori carichi di lavoro e burnout.

Crescono le dimissioni anche in Italia

Nel secondo trimestre del 2021, per la prima volta da anni il tasso di cessazione volontaria del rapporto di lavoro ha superato il 2% del totale degli occupati.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha reso pubblico il documento relativo ai rapporti di lavoro nel 3° trimestre del 2021.

Vi si legge che: “Le cessazioni richieste dal lavoratore, che rappresentano il 19,4% del totale, sono state 569 mila, di cui 524 mila (17,9% del totale) costituite da dimissioni, con un trend in crescita del 26,7%, dopo l’elevato incremento del 2° trimestre 2021 (+85,45%)”.

Zoomers primi nelle intenzioni nel Big Quit

Secondo Forbes «La generazione Z ne ha abbastanza. Un recente sondaggio Adobe su 5.500 lavoratori ha scoperto che il 56% di quelli di età compresa tra i 18 e i 24 anni dicono di avere intenzione di cambiare lavoro nel prossimo anno. Le ricerche di Microsoft e Bankrate lo confermano, riportando che il 54% e il 77% della generazione Z, rispettivamente, sta pensando di lasciare il lavoro»

QuitTok! Festeggiare l’uscita sui social

QuitTok è la nuova tendenza dei giovani di  festeggiare le dimissioni sui social media… E sembra che su TikTok a tutti piaccia chi si dimette (e metta like)!

I saluti al lavoro degli Zoomers stanno diventando virali, con l’hashtag #iquitmyjob che sta raccogliendo quasi 200 milioni di visualizzazioni su TikTok.

Andando oltre al folklore queste manifestazioni pubbliche  c’è per le aziende l’opportunità di capire più in profondità le ragioni dei giovani dimissionari, quelle ragioni che forse non sono dichiarate apertamente nelle exit interviews.

QuitTok! Evviva mi sono dimesso!

Negli USA la generazione Z sembra affascinata dalla cosiddetta Yolo Economy, la “You-only-live-once” economy.

Il mercato del lavoro Italiano e quello Statunitense sono evidentemente molto diversi. In Italia la questione riguarda secondo N. Giangrande della Fondazione Giuseppe di Vittorio «soprattutto la ricerca di opportunità e possibilità per progettare il proprio futuro più che di maggiore leggerezza».

Big Quit: quali le cause?

Le cause che potrebbero contribuire al Big Quit sono diverse. Tra le altre citiamo: timori di contagio a se stessi o agli altri, salari bassi, cattive condizioni di lavoro, mancanza di flessibilità degli orari.

D’altra parte c’è chi pensa che la pandemia abbia «aperto gli occhi» a molti e li abbia spinti a ripensare i propri obiettivi di vita. Questo significa tra l’altro essere meno propensi ad accontentarsi di situazioni insoddisfacenti. Ci sarebbero dunque cause sia di tipo «lavorativo» che psicologiche e sociali.

Secondo una recente ricerca del IBV (IBM Institute for Business Value) le persone sono piuttosto insoddisfatte di come la loro azienda si “comporta”. Vengono presi in considerazione: etica e valori, work-life balance, opportunità e salari e banefit. La percentuale delle persone che classificano la propria azienda come “molto buona” o “eccellente” sui vari temi ha dato questi risultati:

  • 55% Etica e Valori
  • 51% Work-life balance
  • 48% opportunità di carriera / avanzamento
  • 47% salario e benefit
Trend della ricerca Google “How to move forward”

Il Covid 19 e le misure per contrastarlo hanno rappresentato per molti una forte pressione, a volte addirittura un trauma. Ancora più importante molte persone hanno perduto parenti e amici. Una delle conferme del disagio è la crescita nel 2021 della ricerca Google «how to move forward» (che potremmo tradurre con «come tirare avanti?» di cui riportiamo il grafico qui sopra.

Parole chiave per affrontare il Big Quit

Secondo la ricerca di Microsoft “Work Trend Index” le parole chiave per affrontare il Big Quit sono queste 5:

1. Flessibilità – Le persone vogliono mantenere la flessibilità nel lavoro ma avere la possibilità di incontri personali. Le aziende dovrebbero riprogettare ambienti di lavoro ibridi.

2. Empatia – Le persone si aspettano più empatia: sono necessari più incontri one-on-one e conversazioni informali, specialmente per i lavoratori “remoti”.

3. Burn-Out – L’alta produttività nasconde il burn-out: le riunioni sono aumentate per numero e durata, insieme all’uso chat (anche fuori orario).

4. Senso (di scopo e connessione) – Per gli Zoomer, sentire un senso di scopo e di connessione è essenziale per sentirsi soddisfatti al lavoro.

5. Autenticità – Per trattenere e attrarre nuovi talenti i leader devono favorire la collaborazione tra team, migliorare le relazioni autentiche.

Il ruolo delle Risorse Umane

Dopo questo lungo excursus possiamo affermare che probabilmente è ancora presto per tirare le somme sul Big Quit. Nel frattempo, come HRI vogliamo contribuire con alcune riflessioni sul ruolo delle Risorse Umane nei riguardi dei fenomeni descritti:

  • Il contratto di lavoro non può essere più l’unica relazione tra dipendente e azienda. Serve un’alleanza che preveda un incontro (da qualche parte a metà strada) tra organizzazione e persona.
  • L’azienda non è solo un «luogo di lavoro». È un ambito di realizzazione dell’individuo e perciò le esperienze di lavoro sono a tutti gli effetti esperienze di vita.
  • Queste esperienze possono essere di conseguenza positive o negative: all’HR il non facile compito di renderle per prima cosa esperienze “personalizzate”.
  • Se l’azienda non riesce a fare in modo che le caratteristiche del rapporto professionale siano adatte alle esigenze del «momentum» personale, cresce la possibilità di avere un turnover eccessivo di persone o un clima di forte demotivazione.
  • Riteniamo che sia essenziale avere un approccio HR strategico e sistemico per passare progressivamente ad una Human Centered Designed Organization (esperienza, ambiente, relazioni, comunicazione, strumenti, organizzazione – tempo – spazio, opportunità, futuro, purpose, valori, impatto, welfare, ecc. )

Infine, come responsabili HR, ci sono alcune domande che crediamo sia importante porsi: stiamo anche noi riceonoscendo il fenomeno del Big Resignation? Stiamo affrontando difficoltà ad attrarre e trattenere gli Zoomers? Cosa stiamo facendo e soprattutto, quello che stiamo facendo funziona?

È un percorso lungo e difficile: motivo in più per fare gruppo tra di noi e affrontarlo insieme nei nostri Spazi di Pensiero.

Condividi questo articolo.
Mario Molinari

Mario Molinari

CONTACT US